È dal 2010 che la Caritas di Lecce è presente, con continuità, nei villaggi montani dell’Albania e condivide i difficili cammini con quella parte di umanità invisibile ai salentini e ai turisti del mare Adriatico, a differenza dei suoi monti, che nelle chiare giornate estive, fanno da cornice ad un mare sempre più simile ad un lago.
Sembra impossibile che nel terzo millennio settanta chilometri facciano la differenza tra abitazioni confortevoli e tetti di lamiera su vecchi muri, tra una sanità per tutti ed una sanità attesa come la speranza, tra un’istruzione adeguata ed un’istruzione in pluriclasse, tra pari opportunità e insostenibili disparità …ma i volti degli invisibili hanno gli stessi occhi, le stesse voci, le stesse rughe che avevano nell’anno zero in Galilea.
Anche quest’anno (GUARDA), dopo lo stop sanitario, sono riprese con forza le azioni della Caritas di Lecce per costruire ponti di pace e futuro tra le nuove generazioni delle due sponde: sedici giovani universitari italiani ed albanesi hanno vissuto, la prima metà di agosto nei villaggi montani di Fan e Domgjon, un’esperienza di volontariato internazionale olistico. Un volontariato di servizio che va oltre, alle già buone e meritevoli azioni; un volontariato che si completa nell’ascolto delle voci di dentro, del Creato e dell’umanità semplice ed umile che incontra. Tutte voci che in queste vallate rimbombano in un eco interiore che mette a disagio l’individualismo autoreferenziale che si ostina a non vedere le piaghe che il proprio egoismo apre continuamente nella gran parte dell’umanità, nel mondo d’oggi.
È stato dunque il campo della responsabilità, un campo caratterizzato dalle povertà che in vario modo si sono rese visibili: quelle esterne e quelle interne. Le prime povertà facilmente visibili perché alla luce del sole fin dove arriva lo sguardo, che nulla hanno da nascondere perché nulla hanno, che gridano giustizia ed equità e attendono d’essere alleviate dall’amore e dalla solidarietà di chi ha più del necessario. Le povertà interne sono più nascoste, meno visibili al mondo, tipiche delle società benestanti, di difficile cura perché non riconosciute come un male da curare, perché il solo medico capace di curarle è “il povero” di Matteo 25, che purtroppo viene sempre più lasciato fuori dalla porta, è il più escluso tra gli esclusi e tra questi regna.
La giornata si chiudeva sempre con la voce della Parola, carezza d’amore, luce e speranza per un’alba nuova…e quel muto cominciò a parlare…
di Cesare De Giorgi