L’esperienza della Caritas diocesana di ritorno dal 43° Convegno nazionale

Si è appena concluso a Salerno, presso l’Auditorium del Grand Hotel Salerno, il 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, dal titolo “Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni”.

Presenti oltre 660 partecipanti, provenienti da 173 Caritas diocesane di tutta Italia, per quattro giorni di confronto e riflessione lungo le “tre vie” consegnate alle Caritas da Papa Francesco in occasione del 50° di Caritas Italiana: «Partire dagli ultimi, custodire lo stile del Vangelo, sviluppare la creatività». A Salerno era presente anche una delegazione della Caritas di Lecce.

La delegazione di Caritas Lecce con Mons. Redaelli, Presidente di Caritas Italiana

La delegazione di Caritas Lecce con Don Marco Paniello, Direttore di Caritas ItalianaAd aprire la prima giornata sono stati mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Conferenza episcopale della Campania, che ha ricorda to il cammino delle Chiese campane di fronte al dramma dell’inquinamento ambientale, che vede coinvolte in particolare le zone tra Napoli e CasertaMons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas Italiana, ha poi sottolineato come “questo cammino delle Caritas diocesane debba sempre partire dalla preghiera e dalla Parola di Dio, che “ci dicono chi siamo come Caritas e della dignità dei poveri”.

Si è posto al centro del tema il ruolo del Sud e l’idea di sviluppo, riflessione di Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione Con il sud, e di come in questi anni esso abbia subito un’idea sbagliata “tutta quantitativa ed economicistica, pensando solo al trasferimento di risorse”, invece di pensare che “può esserci sviluppo solido e duraturo al Sud solo là dove c’è una sufficiente dotazione di capitale sociale, capitale umano, comunità.”

Nella seconda giornata si è parlato di periferie territoriali che, come racconta Giovanni Laino, docente in tecnica e pianificazione urbanistica presso l’università Federico II di Napoli, hanno bisogno di essere messe al centro della politica. Ma anche di periferie esistenziali, spesso vissute in prima persona come racconta Salvatore, ex beneficiario della Caritas salernitana, portando la sua difficile esperienza di riscatto dalla droga, dal carcere, dalla vita in strada grazie all’incontro con Caritas, dove si è sentito accolto e ascoltato.

Ci sono poi le periferie che sono il luogo della presenza profetica dei poveri. Carmine Matarazzo, ordinario di Teologia pastorale alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sottolinea “La periferia è proprio qui, la persona alla quale do meno ascolto e attenzione”.

Nel pomeriggio, da una terra ferita come la Campania, sono giunte le voci dai territori che raccontano le sfide di trasformare quelle ferite, in germogli di vita nuova.

Grazie a don Gino Ballirano, parroco di Casa Micciola (Ischia), a don Maurizio Patriciello dalla Terra dei Fuochi, a Gennaro Pagano, coordinatore del Patto educativo per Napoli che hanno testimoniato di realtà appesantite dalla croce, ma in grado di risorgere alla luce della speranza.

Nel terzo giorno due presenze femminili, quella di Blessing ex vittima di tratta che ora conosce il riscatto e la libertà e di Suor Rita Giaretta che ha provocato i delegati sull’esigenza di costruire una Chiesa protagonista, una Chiesa più femminile.

Non sono mancati poi i tavoli tematici, i lavori di gruppo “Forgiare dignità, creare speranza” e l’attenzione ai giovani, soprattutto nell’ultima giornata conclusasi con una tavola rotonda dal titolo: “Con lo sguardo dei giovani”.

La parola “crocicchi”, nel Vangelo di Matteo, è stata erroneamente tradotta. Il termine greco indicherebbe “la fine delle strade urbane, là dove iniziano i sentieri”. Abbandonando i pregiudizi e i timori, occorre spingersi ad una pastorale della strada, oltre il centro, per percorrere vie nuove cui si concentrano nuove povertà e nuovi bisogni. Entrare nei drammi delle persone, guardarle negli occhi per amarle con le ferite, i dubbi, i drammi, i fallimenti. Papa Francesco è esplicito: «La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cf. 1Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi».

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